mercoledì 30 marzo 2011

The dog days are over

Ci sono giorni in cui ti svegli, ti guardi intorno e ti accorgi come tutto è esattamente come dovrebbe essere.
Altri invece, ti guardi intorno e fai fatica a mettere a fuoco.
Momenti che così come iniziano, così finiscono. 
Ti rialzi e basta.

Dicono che dagli errori se ne esce sempre più forti.
Dicono che se cadi poi ti rialzi.

Io credo che questo sia il mometo giusto per rialzare la testa.

Ma più mi guardo intorno più vedo compromessi.
Dicasi compromesso (e qui riprendo un'idea di Benny, che voglio sviluppare anche su altri concetti) un adattamento, una transazione (escluo a priori una definizione giuridica a me cara..).

la società oggi tende a raggiungere il giusto compromesso.
Ma per quanto il compromesso possa diventare parte del quieto vivere, mi sfugge invece l'individuazione di ciò che può essere definito Giusto (la prima definizione do Giusto su wikipedia è "nome proprio di persona"..).





Mi sono sempre chiesta, anche quale laureata in legge, non tanto quale sia la definizione di giustizia, perchè ogni cosa in qualche modo può essere definita, ma il suo contenuto.
Nella definizione di giustizia appare il termine giusto. 
Ma il contenuto della scatola di giusto è?
Chi può dire con certezza, con una visione superiore e universale cosa sia giusto o meno?
Chi ha collezionato un'esperienza, una purezza tale da essere completamente non influenzato dall'ambiente che ci circonda per poter dire che una cosa è naturalmente giusta?

La prima risposta per chi crede è Dio.
Mi fermo qui perchè aprirei un discorso infinito e troppo complesso che non sono in grado di fare nè tanto meno ho voglia di affrontare.
Ho seguito l'istituzione Chiesa fin da bambina per volere mio o no, e mi sono trovata a 27 anni a leggere libri sul Buddhismo che apprezzo molto. Non lo pratico, ma il suo sistema di pensiero mi affascina.
(parentesi chiusa)

Ora io credo che nessuno, come singolo, possa accappararsi la verità assoluta.
Credo che ciò che è giusto per me non lo sia per un altro.
Ogni giorno mi scontro con la verità, perchè è anche di questo che stiamo parlando, ovviamente diversa dalla mia, servita sul piatto d'argento dal maggiordomo del giorno.
A volte ascolto.
Altre volte, magari da stupida, seguo due frasi e poi inizio a pensare ai cavolacci miei annuendo ogni tanto (nel frattempo mi chiedo: cosa mangio a pausa pranzo?).

E qui nasce il compromesso. Giusto o meno.
Il compromesso che ti permette di appianare una divergenza e magari di avvicinarti all'idea che gli altri hanno del così si fanno le cose.
Ci sono momenti in cui me ne fotto.
Altri in cui mi prende il panico e dico: ma allora io non ci ho capito 'na mazza?

Forse è la crescita.
Forse davvero abbiamo bisogno dell'esperienza di vita per arrivare almeno a dire questo lo faccio e quest'altro no.
Ma il compromesso?
Nel senso, a questo punto scendi a compromessi con te stesso, non più con gli altri.
Ne vale la pena?


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