lunedì 18 aprile 2011

Se mi toccano nel mio debole sarò una vipera

Riprendo un passo dal Barbiere di Siviglia.
Si.
Una domanda mi perseguita.
Ma la Tolleranza fino a che punto arriva?

La parola tolleranza ha in sè una connotazione negativa.
Infatti tollero ciò che non incontra la mia volontà.

Ho appena sentito due persone sotto casa insultarsi.
Due persone che minacciavano la morte dell'altro.
Due estranei che per un passaggio negato inveivano cattiverie in modo gratuito.

L'idea di tolleranza come sopportazione del diverso nasce nello Stato Moderno, caratterizzato da un'ideologia basata sull'uniformità, linguistica, giuridica, religiosa, contraposta alla concezione medioevale di uno stato piuttosto composito e multiforme. 
Nel Medio Evo, infatti, la differenza era vista come un valore.
Nell'età moderna era vista con sospetto. 
 
La tolleranza diventa un'esigenza.
L'esigenza di capire il diverso.
Ma ricado su una delle mie domande ricorrenti.
Cosa vuol dire diverso?
Diverso da chi, da cosa?
Qual'è il parametro della normalità?

Percepiamo la misura delle cose in base all'ambiente che ci ha cresciuti.
Ma che generazione siamo?
Quella della Tv, quella della plastica, della comunicazione facile, della disinibizione, della censura.
Siamo quello che mangiamo.
Nel senso che ogni giorno ci viene propinata la Notizia precostruita da filtri altrui.

Credo che l'unico modo di crescere è non fermarsi mai,
continuare ad imparare,
leggere, ascoltare,
mettersi continuamente in discussione,
non scegliere la Verità più facile.

Solo così non vegetiamo.
Solo così, gardandoci indietro, potremo dire di aver vissuto.
Di quella vita in cui ad un perchè
hai saputo dare la Tua Risposta.

In questo momento sono piena di Domande senza Risposte.
O meglio.
Ho talmente tante risposte che nell'incertezza continuo a non scegliere.




Caddi in uno dei miei patetici periodi di chiusura.
Spesso, con gli esseri umani, buoni e cattivi, i miei sensi semplicemente si staccano, si stancano: lascio perdere.
Sono educato.
Faccio segno di si.
Fingo di capire, perché non voglio ferire nessuno.
Questa è la debolezza che mi ha procurato più guai. Cercando di essere gentile con gli altri spesso mi ritrovo con l'anima a fettucce, ridotta ad una specie di piatto di tagliatelle spirituali.
Non importa...
Il mio cervello si chiude.
Ascolto.
Rispondo.
E sono troppo ottusi per rendersi conto che io non ci sono...

(Cit. C.B.)

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